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martedì 30 agosto 2016

Di ritorno dalle vacanze

Anche per il 2016, purtroppo, le vacanze, tanto sognate e tanto desiderate, sono passate. In un lampo.
Con molto dispiacere, devo dire, perchè sono state giornate bellissime: il tempo non ci ha mai tradito, le bici, ottimamente preparate da Cicli Fortuna di Castelgomberto, hanno fatto il loro dovere, le gambe pure e le specialità culinarie locali sono sempre state all'altezza delle aspettative.

Chi mi segue sa quanto ami la Toscana, abituata come sono ai panorama veneti, alla “città diffusa” ad un “unicum” di case, capannoni, fabbriche, centri storici, centri commerciali, semafori, rotatorie.
La Toscana no, non è così; è un territorio che per me ha ancora un sapore selvaggio. Soprattutto la maremma, dove nel bosco puoi raccogliere gli aculei degli istrici, dove puoi vedere asini ed altri animali allo stato brado, dove, dopo chilometri e chilometri in bici, sei premiato da stupendi scorci come la vista da Cala Violina o dall'alto di Tirli su Castiglione della Pescaia, il mare, la palude. 

 



Non posso dire che è tutto oro quello che luccica; infatti ho trovato meno ordine rispetto agli scorsi anni, come quasi se si stessero trascurando particolari importanti: alcuni parapetti in zone pericolose non erano stati sistemati e, a causa dei comportamenti degli animali selvatici, è stato deciso di togliere i cestini delle immondizie. Questo dovrebbe invitare gli escursionisti a portare a casa i propri rifiuti, ma a giudicare dalla pulizia dei boschi non sembrava così.



Ho notato inoltre questa incongruenza nell'invito a porre le cicche delle sigarette nei cestini per evitare possibili gravi incendi boschivi. Ma dove se i cestini non ci sono più? Meno male che non sono una fumatrice e quindi non devo confrontarmi con questa evenienza.


Come ogni anno non posso non ricordare i locali che mi sono piaciuti di più e dove la sera, con la coscienza a posto grazie alle calorie smaltite in bici, ci siamo intrippati un po' più del solito:

Rimane primo in classifica il Poggetto a Tirli: è giunto ormai al 10 ^ anno e devo proprio dire che la cucina di Federica non si smentisce mai e che dopo 10 anni di frequentazioni estive mi sento tra cari consolidati amici. Ottimi i suoi piatti di tradizione familiare con ricette gelosamente custodite. Riuscissi ad avere la ricetta dei castagnini!

Secondo posto: la Vecchia Torre sulla strada delle Collacchie a Pian d'Alma in direzione Castiglione, a gestione familiare, dove la moglie di Paolo, il proprietario, grande cacciatore, prepara secondo me, il miglior caciucco della zona.

Terzo posto, quest'anno riservato ad una new entry nel giro solito dei locali frequentati: “Nel Buco” che si trova nel cuore "antico" di Castiglione della Pescaia, in un vicoletto molto suggestivo. E' veramente un buco, una trattoria piccola, ma molto accogliente. Due ragazze sorridenti e gentili, Cinzia e Valentina ci hanno accolto, assieme al nostro inseparabile cane. Ci hanno presentato un menu scritto a mano, accompagnato da una dettagliatissima descrizione a voce di ogni piatto.


Si tratta per lo più di piatti maremmani rivisitati con cura e attenzione per la qualità serviti con simpaticissime stoviglie in terracotta invetriata. Abbiamo provato alcuni piatti apprezzandone i sapori semplici e sinceri, merito dello chef Dario. Grande stupore poi ad un certo punto della serata quando la proprietaria del locale ha smesso i panni della cameriera per assumere quelli di una cantante provetta allietando gli ospiti con brani musicali italiani ed una voce ben impostata e calda. Auguri ragazze!



Per quest'anno, purtroppo, la Toscana è archiviata; sono già rientrata al lavoro e mi restano i ricordi di bei giri in bici e di ottimi sapori, la voglia di provare a fare i sottoli in casa (mi sono già attrezzata) e l'irrefrenabile desiderio di castagnini.

venerdì 19 agosto 2016

COCO: ICONA DI STILE

Sono convinta che non si diventi un'icona di stile per caso. Infatti spulciando tra le biografie dei personaggi importanti, si rintracciano spesso segni premonitori di talenti unici poi sbocciati in fama eterna. Per alcune persone sono soprattutto difficoltà e dolori a temprare il carattere e a contribuire a gettare le basi di un percorso capace di rimanere nella storia.
E' senz'altro il caso di Gabrielle Bonheur Chanel, divenuta celebre con lo pseudonimo di Coco. 


La fondatrice del marchio di moda più amato e desiderato dalle donne di tutto il mondo non ha avuto una vita né facile né agiata. 
Nacque il 19 agosto 1883 (113 anni fa!) in una famiglia assai modesta di Saumur, nella regione francese della Valle della Loira; il padre era un venditore ambulante, la madre era figlia di un locandiere e faceva la lavandaia. A seguito alla morte della madre, avvenuta a soli 32 anni, Gabrielle fu affidata insieme alle sue due sorelline alle suore dell’orfanotrofio di Aubazine. Non rivide mai più il padre e a chi le chiedeva di lui diceva che era andato in America a cercare fortuna.
I quasi sette anni trascorsi in orfanotrofio segnarono profondamente Gabrielle: nelle sue creazioni si possono rintracciare i segni dell’influenza del periodo in convento, l’amore per il bianco e nero, la passione per lo stile barocco, per l’oro e le gemme colorate, mutuata dall'opulenza degli abiti religiosi da cerimonia, che poi influenzò i suoi bijoux.
Superato il limite di età per restare in orfanotrofio, Gabrielle venne mandata presso una scuola di apprendimento delle arti domestiche: quando compì diciotto anni, nel 1901, iniziò a lavorare come commessa presso un negozio di biancheria e maglieria. Lì perfezionò le nozioni di cucito apprese dalle suore.
Qualche anno dopo, Chanel incontrò il grande amore della sua vita, Arthur “Boy” Capel, industriale, campione di polo e uomo di cultura che la incoraggiò finanziando le sue attività. I due andarono a vivere insieme a Parigi dove lui le anticipò i soldi per permetterle di aprire la sua prima boutique.
E così, nel 1910, Gabrielle aprì il primo negozio Parigi, al civico 21 di rue Cambon dove inizialmente vendeva cappelli da lei creati (cappelli ai quali toglieva ogni ornamento per renderli più semplici, leggeri ed eleganti), poi propose anche capi di vestiario.
Aveva una predilezione per la moda confortevole, androgina e sportiva: voleva emancipare la donna e renderla indipendente. Non a caso le sue prime clienti furono le lavoratrici, ma presto divenne nota anche nell’alta società: ricercati dalle più famose attrici francesi dell’epoca, i modelli della boutique fecero conoscere il nome di Chanel in tutta Parigi. Lo stile semplice ed elegante degli abiti fece scalpore ed in città furono in molti a cercare di imitarlo.
Nel 1913, Gabrielle aprì una seconda boutique nel raffinato centro balneare di Deauville, in Normandia, e presentò qui una collezione di abiti sportivi: la sua linea di indumenti in jersey si rivelò rivoluzionaria e cambiò per sempre la relazione delle donne con il proprio corpo.
Nel 1915, aprì la prima vera e propria maison di moda a Biarritz, sulla costa atlantica meridionale; nel 1918, aprì quella parigina, al 31 di Rue Cambon.
Verso la metà degli anni ‘20, Coco Chanel introdusse la petite robe noire, l’abito nero o little black dress, capo indispensabile nel guardaroba di ogni donna ora come allora. Negli stessi anni, diede vita alla moda dei gioielli fantasia: vistose pietre colorate, ciondoli, perle e cristalli creavano decorazioni che animavano capi dai tagli essenziali e minimali.
Ma la vera rivoluzione iniziò sulle strade dove si iniziarono a vedere donne con blazer maschili, camicette bianche e cravatte portate sopra gonne diritte: Coco aveva colto nel segno e portato avanti la sua rivoluzione ponendo capi maschili al servizio del guardaroba femminile; aveva liberato il punto vita e aveva accorciato la gonna poco sopra il polpaccio, senza però scoprire una delle parti secondo lei meno graziose del nostro corpo, ovvero il ginocchio.
Qualsiasi cosa facesse, grazie a quella sua allure di eterna sfida e di spinta innovativa, Coco riscuoteva immediato successo, come i capelli tagliati alla garçonne nel 1920. Nel frattempo, si delineava sempre più la sua idea di tailleur.
Nel 1921, Chanel presentò la sua prima fragranza, il profumo Chanel N°5: creato da Ernest Beaux, un tempo profumiere degli Zar, rivoluzionò il mondo della moda e della profumeria per molti motivi. Secondo le indicazioni da lei stessa fornite, il profumo doveva incarnare un concetto di femminilità eterna e senza tempo; in netta rottura rispetto alle fragranze in voga all’epoca, Beaux mescolò essenze naturali e alcuni prodotti di sintesi (le aldeidi) che erano state scoperte da pochissimo. Inoltre il profumo si presentava in un flacone essenziale e con un nome altrettanto essenziale.
Chanel trovava infatti ridicoli i nomi altisonanti dei profumi dell’epoca e decise di chiamare la sua fragranza con un numero: visto che corrispondeva alla quinta proposta olfattiva presentatale da Ernest Beaux, il profumo venne chiamato proprio così.
La consacrazione definitiva del profumo avvenne circa 30 anni dopo attraverso un’altra icona, Marilyn Monroe: nel 1952, in occasione di un’intervista, quando le domandarono cosa indossasse per dormire, l'attrice rispose “alcune gocce di Chanel N°5”.


Nel 1935, Gabrielle Chanel era al culmine della sua fama: impiegava 4.000 dipendenti ed era proprietaria di cinque boutique a Parigi. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale portò però alla chiusura di molte attività della Maison Chanel: rimase aperta una sola boutique in Rue Cambon, quella al numero 31, dove profumi e accessori continuavano a essere fortemente richiesti sia dai parigini sia dai soldati americani.
Dopo la guerra, nel 1954 e all’età di 71 anni, Coco Chanel organizzò la grande riapertura della sua maison: stanca delle tendenze stilistiche del tempo, ispirò una nuova rivoluzione della moda.
A questo punto, il tailleur firmato Chanel esplose in tutto il suo successo, un capolavoro dalle linee pulite e dal taglio sartoriale. La giacca si presentava dritta e morbida per dare libertà di movimento e la caduta perfetta della stoffa era assicurata grazie a una catena di metallo posta nel profilo interno, un accorgimento molto utilizzato in seguito, soprattutto negli anni ‘60, per la confezione di capi di alta sartoria. Il vezzo erano i bottoni a testa di leone, segno zodiacale della stilista, oppure a camelia, il suo fiore preferito, o con la doppia C, altro elemento iconico della griffe.

Ma le invenzioni geniali non erano affatto finite.
Nel 1955, Coco Chanel si pose l’obiettivo di inventare un nuovo tipo di borsetta che rispondesse alle esigenze della donna dell’epoca, attiva e dinamica: doveva essere un accessorio elegante ma allo stesso tempo pratico e funzionale rispetto alle pochette a mano che le donne erano obbligate ad indossare nelle occasioni formali e che impegnavano le mani. Su una borsetta matelassé (la classica impuntura a rombi) aggiunse una catena regolabile che permetteva di indossarla a spalla o a tracolla: i primi modelli furono fabbricati in jersey e in seguito fu impiegata la pelle.
La Chanel 2.55 – il nome si riferisce alla data della sua creazione, febbraio 1955 – rappresenta una sintesi perfetta della stilista che l’ha inventata e attinge alla sua storia.
Si dice infatti che il matelassé si ispirasse ai giubbotti dei garzoni di scuderia; che l’interno di color bordeaux intenso si ispirasse alle divise dei bambini dell’orfanotrofio in cui Coco viveva da piccola; che la fattura della catena ricordasse i portachiavi dei guardiani dello stesso orfanotrofio.
Si dice anche che, nella tasca sotto la patta di chiusura, Coco fosse solita conservare le lettere d’amore dei suoi spasimanti.

Nel 1957, Gabrielle realizzò un’altra creazione destinata alla fama eterna, ovvero la leggendaria scarpa bicolore con cinturino alla caviglia. Realizzata nel colore beige con punta nera a contrasto, la nuova scarpa esaltava la silhouette, accorciando il piede e slanciando la gamba. Divenne così famosa che, ancora oggi, ci si riferisce a quel modello – anche di altri marchi – con l’appellativo Chanel: tecnicamente, il nome del modello è slingback.



Negli anni ’60, furono molte le celebrità a vestire Chanel: Elizabeth Taylor, Grace Kelly, Jeanne Moreau, Jane Fonda e Jackie Kennedy che il gorno dell'omicidio del presidente USA tutti ricordiamo in un tailleur Chanel color rosa acceso con cappellino coordinato.

Nel 1970, Gabrielle Chanel presentò la fragranza N°19: il nome era ispirato alla data di nascita della grande stilista, appunto il 19 agosto. Realizzata dal maestro profumiere Henri Robert, questa incisiva fragranza floreale è rimasta un altro dei grandi successi firmati Chanel.
Purtroppo, l’anno dopo, Coco Chanel morì.

Difficile dimenticare una tale personalità.
Difficile non pensare alle sue frasi più tipiche:
Un uomo può indossare ciò che vuole. Resterà sempre un accessorio della donna.”
Nessun uomo ti farà sentire protetta e al sicuro come un cappotto di cachemire e un paio di occhiali neri”.
La moda riflette i tempi in cui si vive, anche se, quando i tempi sono banali, preferiamo dimenticarlo”.
Difficile non pensare a lei quando, di fronte ad un armadio straripante, scegliamo di indossare la petite robe noire, sicure di non sbagliare.
Difficile non pensare a lei quando ci si ferma davanti lo specchio prima di uscire e ci si ripete il suo mantra: Prima di uscire, guardati allo specchio e levati qualcosa”.





giovedì 4 agosto 2016

"Frasi, citazioni e aforismi sui problemi"




Continua la saga "Frasi, citazioni e aforismi sui problemi" .



Ecco la citazione di oggi:
Quando ti dicono “il problema sono io, non tu” , ti stanno implicitamente dicendo che non sei neanche la soluzione.
(Anonimo)